Verso la A

Se è vero che il valore di un elemento è possibile stabilirlo per differenza relativa, dai componenti più minuti alle macrocategorie con cui muoviamo i nostri corpi, allora possiamo dire che l’Hellas Verona è pura merda.

È significativo affermare una tale ipotesi per alcune semplici ragioni. Premettiamo che non si tratta di una triste critica al becero spirito delle tifoserie: chiunque potrà ancora masturbarsi a forza di guardare giovanotti sudati rincorrere una palla. Sia infatti chiaro che nessuno qui è omofono  e non s’intende spendere ancora parole sull’importanza di un rituale per quanto stupido e avvilente.

A ragion veduta volgiamo lo sguardo verso quella parte di città che se ne fotte di appendere il cervello sull’identità condivisa della squadretta locale (e sue sottili differenziazioni come Chievo, Virtus, Sanbo…). I feticci grossolani e noiosi non ci appartengono, così come non amiamo bombardare il nostro cervello di immagini raccapriccianti di gonzi felici del loro borghetti in mano e connessa sicurezza emotiva da squadraccia.

Quella metastasi opinata come Hellas prosegue, ineluttabile, nel soddisfare il fabbisogno culturale di questo aggregato di edifici e corpi motore di qualsivoglia veneto chiamato Verona.

Se intendiamo lamentarci della nullificazione di eventi musicali, di presenze intellettualmente stimolanti oltre Jerry Calà ed eventuali esperimenti aggregativi fra un tocatì ed una caccia al negro proviamo a lamentarci con uno di questi eroi nostrani che fagocita conversazioni, soldi, visibilità, sforzo cognitivo, patemismo: il tifoso dell’Hellas Verona.

Vietatalavita

 

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