Rispondiamo punto per punto agli "argomenti" esposti dal Sindaco nell’intervento pubblicato Sabato 16 Maggio sul giornale L’Arena.
"La signora B. V. che abita in Via Arche Scaligere è costretta ad alzarsi ogni mattina alle 5 per recarsi a lavorare a Venezia. È prevalente il suo diritto a poter dormire qualche ora prima di un faticosa giornata o quello dei giovani a disturbarla suonando i bonghi in Piazza Dante?"
Cominciamo con invitarla ad usare per quanto possibile un linguaggio appropriato nel rispetto della sua e della nostra intelligenza. Qui non si sta parlando di nessun "diritto a disturbare", come lo chiama lei rivelando da principio un forte pregiudizio ideologico sulla questione, piuttosto di un diritto alla socialità e alla libera espressione da accordare con il diritto al riposo dei cittadini e delle cittadine.
Questo accordo è sufficientemente garantito dalle leggi vigenti sul disturbo della quiete pubblica. La sua ordinanza non mira alla salvaguardia di nessun diritto, punisce e castiga un comportamento ed una forma di espressione in sè, indipendentemente dall’effettiva lesione del diritto altrui, andando a limitare la libertà individuale.
Contrapporre l’immagine della povera signora costretta ad alzarsi all’alba per andare a lavorare a quella del giovane fannullone e casinista al fine di persuadere il lettore, è uno stucchevole esercizio di retorica non ci pare ammissibile in un serio confronto. Venga lei stesso a verificare come il mercoledì Piazza Dante sia attraversata e vissuta oltre che da giovani studentesse e studenti, anche da lavoratrici e lavoratori, bambini, anziani e come l’uso ragionevole degli strumenti non rechi alcun disturbo alle abitazioni nelle circostanze.
"Mi permetto di intervenire sulla questione – mi sia consentita la franchezza: poco rilevante in tempi in cui ci sono veronesi che perdono il lavoro o faticano ad arrivare a fine mese – del cosiddetto diritto di suonare i bonghi nelle piazze in ore in cui la gente dovrebbe poter riposare, un diritto la cui proibizione sarebbe, secondo i bonghisti, una «inaccettabile limitazione della libertà»."
Se la cosa non le pare sufficientemente rilevante, ci chiediamo per quale motivo sia intervenuto nel merito con un’apposita ordinanza, così come in altre occasioni ha fatto su questioni che, considerate appunto le difficiltà economiche in cui si ritrovano molti, ci paiono piuttosto risibili.
Tornando a noi, insistere strumentalmente nel definire le cittadine e i cittadini che si incontrano per chiaccherare e suonare in piazza come "bonghisti", denota la sua sensibilità come Sindaco e come persona. Quello che finge di ignorare è che nella sua ordinanza si vieta "l’utilizzo di strumenti musicali o sonori negli spazi pubblici aperti" e non si fa alcuna distinzione tra uno strumento a percussione ed un violino, tra una tromba, una chitarra ed uno scacciapensieri, così come non si distinguono, all’interno della città, gli spazi centrali da quelli più periferici ed isolati a conferma dell’assurdità di un provvedimento che condanna la musica ed i musicisti, non semplicemente i "bonghisti".
"Ebbene: io credo che anche se ad un solo cittadino veronese fosse impedito di dormire per il rumore dei bonghi o di altri strumenti musicali, il suo diritto al riposo sarebbe prevalente su quello di quanti vogliono «far casino» in piazza. Purtroppo non è solo una la persona cui è stato impedito per diversi mercoledì notte di dormire: ne fanno fede le molte mail di proteste dai cittadini di quella zona che mi sono state indirizzate e le molte telefonate ricevute dalla Centrale operativa della Polizia Municipale."
Non giochi con le parole signor Sindaco: qui non c’è nessuno che vuole "far casino" in piazza. Se in qualche occasione il comportamento di qualcuno va a ledere il diritto al riposo di qualche cittadina o cittadino siamo convinti si debba intervenire. Ci sono fondamentalmente due modi per farlo: un modo intelligente ed uno poco intelligente. Il primo individua la responsabilità in chi sta effettivamente disturbando e ne prevede la sanzione attraverso l’ordinario intervento dei vigili. Il secondo impone un divieto. A tutte e tutti.
Resta tutto da verificare quale sia l’effettivo disturbo che possono recare qualche chitarra e qualche tamburello. Ci risulta ad esempio, leggendo le interviste di Ilaria Noro sul L’Arena del 15 Maggio, che diversi residenti della zona siano venuti a conoscenza del ritrovo settimanale in Piazza Dante solo dopo aver letto della sua ordinanza:
«Non ci siamo mai accorti di niente. Dell’iniziativa ne siamo venuti a conoscenza l’estate scorsa, per caso. Una sera, con mio marito, siamo anche andati a renderci conto della situazione e sembrava divertente: è ora che le piazze vengano vissute e riscoperte, anche dai giovani»
«Si sono incontrati anche l’altra sera? Non mi sono accorto di nulla»
«Effettivamente un mercoledì qualche settimana fa, ho sentito in salotto un rumore ritmato e particolare e non riuscivo a capire da dove venisse. Ma è capitato solo quella volta, eppure io rimango sempre sveglia fino a tardi»
«È ora che i giovani vivano i luoghi pubblici. Li abbiamo sentiti per caso e ci è parsa una cosa divertente»
"Credo che tutti siano d’accordo con me su una cosa essenziale: la libertà di ogni cittadino è sacrosanta e l’unico limite che può trovare è quello del rispetto della libertà altrui. E quindi anche il rispetto del diritto sacrosanto di dormire della signora B.V. e dei molti altri residenti disturbati; di tutti quei cittadini che amano cenare e mangiare una pizza in famiglia o tra amici nei locali delle piazze senza essere obbligati a sentire un concerto di bonghisti o musicisti dilettanti e di chi, se vuole ascoltare della musica, preferisce scegliersela, senza doverne subire l’imposizione. Senza contare il fatto che chi vuole fare un concerto in una pubblica piazza deve, per legge, chiedere l’autorizzazione all’Amministrazione comunale, che può concederla o meno."
Per risponderle ci basta ricordare con piacere tutte le volte che in piazza capita di incrociare il sorriso di turisti e passanti, di chi dopo un lungo vagare tra strade deserte e spettrali, si trova davanti ad uno spazio pieno di vita, di musica, di colori. Qualcuno saluta e scatta una foto, qualcuno si avvicina e si siede in mezzo agli altri.
Signor Sindaco, la piazza è un luogo di socialità. Non sta ne a lei, ne a nessun altro decidere chi ci possa stare e come. Esistono un diritto al riposo ed una serie di norme a difesa della pubblica quiete. Non esiste in nessuna libera società il diritto di vietare forme di espressione, estetiche e comportamenti sgraditi a qualcuno. Quello si chiama fascismo.
Con l’elezione a Sindaco di una città, di tutte le sue cittadine e di tutti i suoi cittadini, le è stato affidato il compito di armonizzare i loro diritti ed i loro doveri, le loro vite e i loro bisogni reali, concreti, non di imporre con l’autorità una prospettiva ideologica, etica o estetica.
A tal proposito la invitiamo a fare un confronto con altre città italiane e soprattutto europee, dove la musica e l’arte di strada vegono valorizzate e non perseguite e represse, dove le piazze pulsano di vita e non sono il gelido palcoscenico per qualche giro di ronda.
Butele e butei..
in direzione ostinata e contraria.